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Nel 1990, Erling Kagge è stato il primo a raggiungere il Polo Nord senza il supporto di slitte, cani o di un team esterno.

Nel 1993 è stato il primo nella storia a guadagnare da solo a piedi il Polo Sud.

L’anno dopo, nel 1994, ha conquistato la cima dell’Everest.

Eling Kagge è stato il primo esploratore ad aver raggiunto i tre poli della Terra.

Come ha fatto? Ha camminato. Tanto.
Ecco perché è forse la persona più adatta a farci riscoprire la bellezza del camminare.

Una semplice attività che è esperienza e che diventa una indimenticabile avventura.

Il viaggiatore più veloce è colui che va a piedi.

Henry David Thoreau

Questo piccolo libro, che si potrebbe leggere d’un fiato in un paio d’ore, va invece gustato poco alla volta, assaporando ogni racconto, lasciando spazio tra essi e le numerose splendide citazioni.

L’autore ha camminato per le vie del mondo, ha anche scalato l’Everest e raggiunto a piedi il Polo Nord e il Polo Sud (quest’ultimo in solitaria!), quindi ha molto da raccontare in proposito.

Eppure, in queste pagine, sono moltissimi i riferimenti al quotidiano e a ciò che dai piccoli momenti e piccoli gesti riempie l’animo di presenza e di importanza.

Risulta toccante nella sua leggerezza e intenso nella sua verità. Poetico e divertente insieme.

Camminare è proprio bello, non trovi? Sia in natura che in città ha sempre il suo perché.

Il piacere di camminare in un contesto urbano è stare in mezzo alla gente. Andando a piedi diminuisce il distacco tra ciò che si vede e ciò che si fa. Finché dura la camminata, si impersona quel che gli antropologi sociali definiscono un partecipante, e non soltanto un osservatore.

Camminare

Di seguito ti lasciamo un breve estratto del libro.

Per costringere la mente a mollare i pensieri contingenti, decido di concentrarmi su ogni singolo gradino.
Sul sollevare lentamente il piede e poggiarlo davanti a me.
Non devo pensare nemmeno al prossimo scalino, ma solo fare un passo alla volta, nient’altro.

È molto difficile.

Quando i pensieri ricominciano a ronzarmi in testa e mi metto a pensare agli impegni che mi aspettano dietro la scrivania, la regola è che devo tornare allo scalino su cui per l’ultima volta ero concentrato solo sul passo e sul piede.

Oppure mi giro di spalle, ma sempre continuando a salire.

Allora tutt’a un tratto mi sento inerme. In quel modo sono costretto a staccare. A fare una pausa. A tagliare fuori il passato e futuro.

Anche se la mia mente vorrebbe solo mettersi a rimuginare sulle mosse che farò da qui in avanti.

Arrivato al settimo piano, non sono più sicuro di cosa sia successo.
L’impressione è di avere ricevuto la risposta a una domanda che non conoscevo. È mai possibile?

[…]

In quell’occasione venni a sapere di una bella tradizione Inuit: quando ti arrabbi al punto da non riuscire a controllare le tue emozioni, sei invitato a lasciare la tua abitazione e a camminare in linea retta attraverso il paesaggio che ti si para di fronte, andando avanti finché la rabbia non passa.

Il punto esatto in cui l’emozione molla la presa viene dunque marcato infilando un bastone nella neve.
In questo modo si misura la lunghezza, ovvero l’intensità, della rabbia.

La cosa più sensata che possiamo fare quando siamo arrabbiati, condizione in cui il cervello rettiliano guida le nostre azioni, è allontanarci dalla persona o dalla situazione che ci ha provocato quella reazione.

[…]

Quando mi trovo a veder il tramontare il sole, a saltare una fenditura nel ghiaccio, ad attraversare una recinzione di filo spinato per entrare in una galleria o ad affrontare faccia a faccia un orso polare affamato, mi riempie la sensazione di essere presente nella mia esistenza.

Di nuovo il paradiso è lì dove sono.

In quei momenti non c’è niente che significhi più della vita stessa. Non potrei nemmeno pensare di perderla.

Andiamo incontro a pericoli perché le esperienze in situazioni intense e le capacità di destreggiarle ci confermano che siamo vivi.
Poche frazioni di secondo sembrano un’eternità.

Solo il qui e ora conta quando sei assetato e trovi un ruscello, quando sei appeso a una rupe o seduto su una roccia a studiare il movimento delle nuvole. L’attimo e l’eternità non sono necessariamente in contrapposizione.

Il tempo rimane sospeso, il momento presente e l’eternità rimangono sospesi in contemporanea.

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